La Villa del Balì: Dimora dei Saggi

i Massimo Agostini


La Villa del Balì che sorge sul colle di S.Martino di Saltara, è stata una Dimora ALCHEMICA. Numerosi personaggi che l'hanno abitata si sono occupati e interessati di ALCHIMIA.
Adriano Negusanti nel suo "Sylva responsorum et practicarum disputationum", stampato a Venezia nel 1619, definisce la dimora di San Martino di Saltara come Villa estiva, piuttosto Liceo, asilo, nel senso di TEMPIO INVIOLABILE, sacro rifugio di tutte le lettere ed ACCADEMIA di molti dotti uomini, ricca di LIBRI e di ARCANE CONOSCENZE.
Ecco quindi la villa di San Martino DIMORA FILOSOFALE ed ACCADEMIA.
E' il luogo che ha scelto i suoi abitanti più di quanto questi abbiano scelto abitarvi, richiamati da un magnetismo ineluttabile. Luogo appartato e al tempo stesso elevato per accogliere, nel XVI secolo, le celesti speculazioni del vescovo Vincenzo Negusanti.
 La grandezza di un vecchio saggio, un po' Letterato e un po' ASTRONOMO, "cui legum arcanos licuit penetrare recessus" come è scritto in un manoscritto del XVI secolo, non risiede tanto nella competenza con cui si muoveva da MAESTRO nelle varie dottrine, quanto nella magnificenza dell'atto, nel rimaneggiare le cose celesti. Mai prima di lui fu più appropriato il motto "UT ASTRA PETAMUS" riportato nell'ARMA della famiglia Negusanti. Un suo nipote, Adriano Negusanti jr., fu ALCHIMISTA, ASTROLOGO, ASTRONOMO, OCCULTISTA, esperto di SCIENZE NEGROMANTICHE, ESOTERICO di fama europea. Di lui parla l'ASTRONOMO Girolamo Vitali nel suo "Lexicon Mathematicum" del 1668. Adriano jr. contribuì a formulare una nuova TEORIA per il calcolo dell'OROSCOPO LUNARE.

Nel ROMANZO "La Dimora dei Saggi" Adriano jr. è chiamato Aulo. Nelle vicende NARRATE la storia dell'ALCHIMIA ha un'importanza rilevante: infatti il LIBRO trova nella forma romanzata l'occasione per introdurre il lettore nelle difficili tematiche ESOTERICHE, per un viaggio introspettivo, condotto attraverso la trama, ma soprattutto attraverso i PROTAGONISTI come Ettore, Rodolfo, Sara e Tiziana. Il loro destino è segnato, nulla è dovuto al caso. Improvvisamente come materializzati dal mondo etereo, senza tempo, giungono ai protagonisti segni e stimoli che li spingono ad accedere alla VIA INIZIATICA del V.I.T.R.I.O.L.

Strani accadimenti, forze inesplicabili portano i protagonisti a compiere un VIAGGIO INIZIATICO: messaggi che provengono dal mondo dei morti, lasciati da antichi INIZIATI e ritrovati su OBELISCHI e LAPIDI CIMITERIALI o SU MANOSCRITTI, tutti con frasi sibilline e misteriose, ma soprattutto l'incontro con la villa del BALÌ', con il suo SIMBOLICO SOTTERRANEO, ricco di riferimenti ESOTERICI riconoscibili solo dall'animo esperto di un INIZIATO.
"Uno più due più tre più quattro fa dieci", la TETRACTIS PITAGORICA che un antico manoscritto riporta nell'invocazione al lettore, e ritrovato da Ettore, richiama le parole di MARIA PROPHETISSA, la sorella di MOSE', ma anche il contenuto della TAVOLA SMERALDINA di ERMETE TRISMEGISTO.

Ettore è il personaggio del romanzo che più di altri sconcerta, in silenzio si avventura nella difficile strada della conoscenza e della consapevolezza fino al punto di vivere la CERIMONIA DI MORTE E RINASCITA. Nella sua PRATICA, Ettore ha acquisito le chiavi di lettura dei SIMBOLI, egli appartiene alle SCUOLE INIZIATICHE e soprattutto ha un maestro, ERMES, che rappresenta l'archetipo degli antichi MAESTRI come MERCURIO della tradizione ESOTERICA, L'ERMETE TRISMEGISTO della TAVOLA SMERALDINA, il DIO THOTH DELL'ANTICO EGITTO, IL TUBALCAIN DELLA BIBBIA. Ettore vive la sua CERIMONIA DI MORTE E RINASCITA proprio all'interno della PIRAMIDE DI CHEOPE, ANUBIS è il suo MAESTRO TERRIBILE.
Ettore percorre il DUAT, il regno dei MORTI, si sottopone alle PROVE INIZIATICHE, PENETRA NELLE VISCERE DELLA TERRA, incontra L'ACQUA, IL FUOCO, L'ARIA, per giungere alla stanza di MAAT, la dea della GIUSTIZIA nella SAGGEZZA, la MINERVA dei GRECI. All'interno della stanza di MAAT L'INIZIATO dovrà subire la prova della pesatura del cuore e solo se supererà il giudizio della dea MAAT, egli potrà conoscere il segreto dello ZED, raggiungere il SARCOFAGO e sottoporsi all'ultima prova INIZIATICA: la CERIMONIA DI MORTE E RINASCITA DEI FARAONI.

Il MAESTRO ERMES è l'anello di congiunzione con la tradizione che permette di ripercorrere i momenti più significativi della STORIA DELL'ALCHIMIA fin dalle SUE MITICHE origini nell'ANTICO EGITTO. Le vicende narrate ci portano al SEGRETO che MOSE', figlio del FARAONE, trafugò dalla scuole iniziatiche. Tutti i protagonisti del LIBRO sono intenti a raggiungere la CONOSCENZA, illuminati dall'acronimo V.I.T.R.I.O.L. Poiché la TRASMUTAZIONE dei METALLI e la ricerca della PIETRA FILOSOFALE altro non sono che termini mutuati dall'ALCHIMIA per indicare il percorso SPIRITUALE, che ogni uomo libero e SAGGIO deve intraprendere e perseguire. La villa del BALI' è il CROGIOLO della SAPIENZA, di un'antica SAPIENZA, tramandata attraverso i simboli incisi nella sua pietra e nascosti nelle viscere della terra.

San Martino di Saltara, luogo di intersezione tra il MONDO ASTRALE E LA MADRE TERRA, la villa e la sua CRIPTA

CHE COS'E' L'ALCHIMIA ?
 Cenni storici
 L'etimologia della parola alchimia ha dato origine a numerose controversie, qualcuno la vuole derivata dal nome Cham, figlio di Noè, che sarebbe stato il primo a praticarla, altri derivano la parola alchimia dal termine greco als =sale e da chymie=fusione. Secondo altre ipotesi il termine alchimia deriva dalla prima denominazione della terra d'Egitto, Kymie. Secondo Fulcanelli: ("Le Dimore Filosofali", EDIZIONI MEDITERRANEE, Roma, volume I, p.63) "la cabala fonetica riconosce uno stretta parentela da χειμεία, χυμεία, e χεΰμα, che indica ciò che cola, scorre, fluisce, e mostra con precisione il metallo fuso. Sarebbe, insomma, una breve e succinta definizione dell'alchimia come tecnica mettallurgica.
 L'origine: (Fulcanelli : op cit, pp. 63-67) L'alchimia, nata in Oriente si è diffusa in Occidente attraverso tre grandi direttrici di penetrazione: quella bizantina, quella mediterranea e quella iberica.Essa fu soprattutto il risultato delle conquiste degli Arabi. Questo popolo curioso, studioso, avido di filosofia e di cultura, popolo civilizzatore per eccellenza, fa da tratto d'unione, è l'anello della catena che collega l'antichità orientale al medioevo occidentale. (...) Gli Arabi educatori dei Greci e dei Persiani, trasmisero all'Europa la scienza dell'Egitto e di Babilonia, arricchita con le loro esperienze, attraverso il continente europeo (direttrice bizantina), verso il secolo VIII della nostra era. D'altro canto l'influenza araba esercitò la sua azione nelle nostre regioni col ritorno delle spedizioni in Palestina (direttrice mediterranea), e sono, infatti, i Crociati del XII secolo che importarono la maggioranza delle antiche conoscenze. Ed infatti all'alba del XIII secolo, nuovi elementi di civiltà, di scienze e d'arte si diffusero in Spagna (direttrice iberica) e vengono ad accrescere i primi contributi del crogiuolo greco-bizantino. Dapprima esitante, l'alchimia, poco per volta, prende coscienza di se stessa e non mette molto tempo a consolidarsi.... E' appena coltivata nell'XI sec.,e solo nell'ombra delle celle monastiche, e nel XIV sec. si è diffusa dappertutto irradiandosi in tutte le classi sociali....Ogni paese offre alla scienza misteriosa un vivaio di discepoli ferventi e uomini di tutte le condizioni sociali si affrettano ad offrirle sacrifici. Nobiltà, alta borghesia le si dedicano. Sapienti, monaci, principi e prelati la professano, e nessuno è immune, persino tra coloro che esercitano un mestiere o tra i piccoli artigiani, orefici, gentiluomini, vetrai, smaltatori, farmacisti, dall'irresistibile desiderio di maneggiare la storta. Anche se non si lavora alla luce del sole, l'autorità regale perseguita i soffiatori e i papi scagliano fulmini contro di essi, non per questo si trascura di studiare di nascosto. Le società dei filosofi vere o false, sono avidamente ricercate. Costoro intraprendono lunghi viaggi, nell'intenzione di aumentare il loro bagaglio di conoscenze, o si informano per corrispondenza con il metodo dei codici cifrati da paese a paese e da regno a regno.... La febbre si diffonde tra gli intellettuali e, con le confraternite, le logge, i centri iniziatici, i soffiatori crescono e si moltiplicano. Poche famiglie sfuggono al pernicioso allettamento della chimera dorata; assai rare sono quelle che non contano nel loro seno qualche alchimista praticante, qualche cacciatore d'impossibile.. Abati, vescovi, medici, eremiti, tutti ne fecero la propria occupazione... Fermentazione sotterranea e segreta che, non appena viene la notte, popola di strane pulsazioni le profonde cantine, esala dagli spiragli con luci intermittenti, sale con volute sulfuree verso la sommità dei pignoni. In Italia Tommaso D'Aquino (1225) ed il monaco Ferrari (1280). Il XIV sec. vede sorgere tutta una pleiade d'artisti: Raimondo Lullo-Doctor Illuminatus- monaco francescano spagnolo (1235- 1315)...l'italiano Pietro Bono di Lombardia, il Papa francese Giovanni XXII (1244-1317). Il XV sec. segna il periodo glorioso della scienza e supera i secoli precedenti, sia per il valore che per il numero dei maestri che l'hanno resa illustre: Basilio Valentino, monaco benedettino dell'abbazia di San Pietro a Erfurth, nell'elettorato di Magonza (1413 circa)... Il monaco calabrese Lacini (1459), ed il nobile Bernardo Trevisano (1406-1490). A partire da questo momento, l'ermetismo cade in disgrazia. Anche i suoi partigiani, esacerbati dall'insuccesso, si rivoltano contro di esso. Attaccato da ogni lato il suo prestigio sparisce; l'entusiasmo decresce, l'opinione si modifica.

Nel XVI sec.i soli eredi riconosciuti dell'esoterismo egiziano rinnegato dal Rinascimento, dopo essere stato da esso corrotto, sono :Sethon, Venceslao Lavinio di Moravia, Zachaire, Paracelso. L'arte ermetica prolunga la sua agonia fino al XVII secolo e si spegne...Le singole teorie, le sue strane ricette, la secolare fama dei suoi grandi maestri, le appassionate dispute che suscitò, la grande voga che conobbe nel Medio Evo, la sua letteratura oscura, enigmatica, paradossale, ci sembra, oggi, che sprigionino un odore di muffa, di aria rarefatta, simile a quella che posseggono, attraverso il lungo contatto degli anni, i sepolcri vuoti, i fiori morti, le case abbandonate, i papiri ingialliti. (Fulcanelli, Le Dimore Filosofali", EDIZIONI MEDITERRANEE-Roma volume I)

L'ARTE REALE DELLA TRASMUTAZIONE
 L'alchimia è l'arte della trasformazione della materia. La cosiddetta "materia prima", cioè il metallo grezzo ritenuto impuro, deve disfarsi, putrefarsi per raggiungere la perfezione: questa prima parte parte del lavoro alchemico (opus) viene chiamata OPERA AL NERO. Il fine dell'opera è il raggiungimento della Pietra Filosofale, cioè la stessa materia prima purificata e resa perfetta. La Pietra Filosofale dà la possibilità di trasmutare in oro i metalli vili o di realizzare l'Elisir , un farmaco universale. Le fasi dell' OPUS (l'opera, il lavoro) implicano una complessa attività di laboratorio, in cui le sostanze vengono bruciate, dissolte, distillate, ecc. La distillazione è la tecnica più propriamente alchemica: l'invenzione degli alambicchi risale infatti ai primordi dell'alchimia. I metalli quindi possono modificarsi nel tempo, cambiare per raggiungere lo stato di perfezione, l'oro, e l'alchimista non fa altro che cooperare con la Natura, accelerandone i tempi. I metalli si compongono di un principio passivo e materiale (il corpo) e di un principio attivo e sottile (l'anima), che interagiscono attraverso un terzo principio materiale sottile, lo spirito. Il corpo e l'anima vengono chiamati anche zolfo e mercurio, considerati un tempo i componenti di base di tutti i metalli. Lo spirito si chiama anche "sale". L'alchimista deve essere in sintonia con l'armonia naturale, in quanto persegue la perfezione attraverso l'opus. Per far questo deve essere non solo abile e competente, ma anche saggio, sapiente ed equilibrato. La Pietra Filosofale e i suoi prodotti (l'Oro o l'Elisir) sono sì il risultato di complicati processi chimici, ma soprattutto rappresentano l'intesa armonica fra l'alchimista e la Natura. Ciò può realizzarsi solo con il lavoro materiale unito al lavoro spirituale, interiore, per il raggiungimento della Sapienza.

Oggi si tende ad interpretare l'alchimia solo in una dimensione simbolica, dell'uomo teso alla ricerca del suo perfezionamento psichico e morale, in realtà non si può staccare l'alchimia dal lavoro manuale. Essa è una severa disciplina che comporta un lavoro fisico, psicologico e spirituale: questi aspetti hanno pari dignità e importanza, nessuno deve essere trascurato. I testi di alchimia non sono mai molto chiari, per esempio è difficile stabilire ciò che si intende per Materia Prima, la sostanza che dà origine al processo: spesso si tratta di un metallo.Esso deve essere putrefatto e attaccato dall'azione del fuoco e di acidi (opera al nero): questo processo è rappresentato simbolicamente, a volte attraverso la lotta di due draghi. Successivamente l'opera prosegue all'interno di alambicchi e attraversa vari stadi che sono simboleggiati da colori (nero, bianco, rosso); la compresenza di tutti i colori (arcobaleno o coda di pavone) nella fase intermedia (dopo lo stadio della nerezza) rivela l'andamento corretto dell'operazione. Il linguaggio con cui si esprimevano gli alchimisti è volutamente criptico e simbolico. Il loro sapere non poteva essere di pubblico dominio, ma veniva tramandato ai soli iniziati. Tale segretezza ha la sua motivazione nel tipo di ricerca che essi perseguivano: decifrare e comprendere le leggi nascoste della Natura, che dovevano essere conosciute e utilizzate soltanto dai veri saggi e sapienti. L'alchimista è quindi un filosofo che studia la Natura con gli occhi di un bambino. Egli inizia la sua opera scoprendo che il più grande dei laboratori è il mondo che lo circonda.
Nel giardino di una villa settecentesca chiamata "Villa del Balì" è stata scoperta una cripta costituita da due quadrati perfetti, uno dentro l'altro che s'incontrano a croce nel centro, in una forma molto simile alla croce dei Cavalieri del Santo Sepolcro."SAN MARTINO DI SALTARA - INTORNO ALLA CRIPTA" Saggio storidco - Fano, Grapho5 , 1994. Nel libro vengono narrate, citando fonti e documenti, le vicende della Villa di San Martino di Saltara (PU) detta "del Balì", Accurate ricerche d'archivio hanno permesso ai due Autori di ricostruire la storia della Villa e dei suoi proprietari, che si sono avvicendati nel corso di quasi nove secoli. Edificata dalla nobile Famiglia Negusanti, alla quale appartenne fino alla fine del XVII sec., la Villa passò poi ai nobili Marcolini ed ai Gesuiti. Tra i proprietari furono numerosi i personaggi di rilievo nella storia locale e nazionale, come il Vescovo Vincenzo Negusanti e il Conte Antonio Marcolini, Balì dell'Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano Papa e Martire. Rimarchevole la presenza di un ampio sotterraneo, la cui conformazione a croce multipla è riportata schematicamente nella copertina del libroLa villa del Balì

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