Fano: L'Abate Federici e il suo EPISTOLARIO ALCHIMICO

Tratto da: "Intorno al Segreto Federiciano"
Quaderni dell'Accademia Fanestre, 
1/2002, ed.Grapho5, Fano
Nel complesso l'epistolario tratta di un insieme di esperimenti, accuratamente descritti nelle modalità e negli strumenti utilizzati, finalizzati a ricavare argento da metalli meno nobili, con grande vantaggio economico. Gli scriventi tuttavia, per iniziare l'opera, necessitano di un sostanzioso contributo in denaro, per il quale si raccomandano caldamente e insistentemente al Federici, come uomo pratico ed esperto in materia e quindi in grado di valutare il guadagno finale.
Ecco un brano della prima lettera del 17 settembre 1678 inviata da Roma:

"…Per l'introduzione che ò avuta con un personaggio di qualità ò saputo, e mi sono assicurato, ch'Egli à un moltiplico d'Argento sicurissimo, e reale, non soggetto ad alcuna alterazione: E perché Egli non vole assoggettarsi all'assistenza ai Fornelli, si è fidato di un suo Prete, et col manipolare hà buscato il segreto. Questi chiamatosi poco soddisfatto, vorrebbe assicurare la sua fortuna col vendere il segreto medesimo, ma fuori di Roma.
 Io però prendo ardire di avisare Vs Ill.ma per suplicarla ad avisarmi se Ella volesse applicare a simil compra, giaché io l'assicuro sulla mia fede, che il segreto è sicurissimo, e rende ogni 2 giorni 25 per cento
Dalla IV lettera del 18 marzo 1679:  
"Sig.re Ab.e mio Sig.re creda a me, che il moltiplico è un tesoro immenso; e vedere Lei non à bisogno di maggiore richezza, servirà per captivarsi maggiormente l'affetto di S.M.C., e per benefizio della nostra Congregazione…"  
Si deve intendere che l'acquisto del segreto del moltiplico dell'argento sarà così utile economicamente da destare l'interesse anche di un uomo come il Nostro, non tanto per necessità di denaro, quanto per propiziarsi la benevolenza di Sua Maestà Leopoldo I ed a vantaggio della Congregazione degli Oratoriani, di cui mittente e destinatario facevano parte.

Nella V lettera del 26 marzo 1679 
si continua ad insistere sull'efficacia del moltiplico, e vi si legge:  

"…Se l'Argto di Vs. Ill.ma è di Copella  lo tenga pure perche le bisognerà, quando poi non sia di copella lo esiti, perche non serve a niente per qto effetto. E qui resto…"  Compare il termine "copella" e più avanti si troverà spesso il verbo "coppellare", termine usuale tra gli alchimisti per indicare la purificazione dell'oro o dell'argento con fusione in coppella, ovvero in piccolo crogiolo in cenere d'ossa, impastato con cemento.
  Nella VII lettera del 16 aprile 1679 inviata da Roma a Venezia, un mediatore assicura di aver    visto con i propri occhi e di aver toccato l'argento ottenuto fin al terzo moltiplico, per cui esorta il Federici a non indugiare nell'acquisto del segreto, che gli permetterà di fare un graditissimo regalo all'imperatore.
Nel 1667 l'Abate Federici fu nominato residente cesareo ovvero segretario dell'ambasciata imperiale a Venezia, dove si trasferì nel febbraio del 1668. In tale periodo seppe indubbiamente accattivarsi la stima e la considerazione dell'imperatore Leopoldo I che nel 1670 lo nominò suo Consigliere.
La Casa d'Austria poteva apprezzare non solo le abilità diplomatiche del Federici, ma anche i suoi interessi scientifici, cioè, per l'epoca, le ricerche alchemiche, molto diffuse in tutti gli ambienti dell'impero, dalle quali addirittura si poteva pensare di risanare bilanci deficitari o ammanchi del tesoro.[12]
D'altro canto che il Nostro fosse versato nell'alchimia si evince anche dal linguaggio tecnico delle lettere.
 Nella stessa VII lettera si fa una descrizione puntualissima dei fornelli:
"… In quanto alli fornelli in vece di prendersi le misure circolari si sono pigliate per lo lungo (crediamo noi) e perciò non è meraviglia, che rieschino di sproporzionata grandezza cioe in larghezza, e lunghezza. Eccole intanto l'esemplare in qto Foglio. Si averte che i mattoni vogliono essere crudi; ed il fornello lutato dentro, e fuori...
Il fornello vol esser tondo, incominciando dal fondo, che vol essere più largo della bocca secondo le misure mandate; che debbano praticarsi circolarmente, e non per lunghezza. Nel rimanente del (…) delle particelle, graticola e padella si regoli colle medesime misure. Per il coperchio del fornello si piglia un cattino grande che cuopra l'imboccatura del fornello, et a che al cattino vi si rompe il fondo, acciò dia respiro al fuoco, e luta il cattino dentro e fuori acciò resista più, e non vol essere (…) invetriato.  La lutatura si fa di Fimo, pelo di Lana, e creta.
 Per evitare ricerche ai nostri lettori, precisiamo che "lutare" significa ricoprire i vasi che si espongono al fuoco con il "luto", cioè il fango.
Finalmente l'Abate Federici ascolta le insistenze dei suoi amici e scrive all'Imperatore Leopoldo I il 6 luglio, il 22 luglio e il 26 agosto del 1679 da Venezia:
 Lettera del 6 luglio 1979

Spero in Dio poter rendere alla M.V. un servigio il maggiore che si possa fare ad un Monarca.
Questo sarà in ordine al motto, che ne diedi alla M.V. in voce nel passato Novembre; un segreto sicurissimo di potere fabricare un millione di Fiorini all'anno comodamente.
L'Amico è giunto pur ora in mia casa, e si è lasciato persuadere dopo tanti mesi di negozio a venire a piedi della M.V. ed insegnarle l'arcano, senza pretendere alcuna ricognizione, se non quello che piacerà alla Clementissima  Munificenza Sua.
Il Segreto vale 100 m  Ungari, se è vero, e riuscibile; ma V.M. lo avrà per niente. Io però non mi assicuro affermandolo per indubitabile, perché finora non ne ò veduta l'esperienza; ma la vedrò in forma cautelatissima fra pochi giorni; e subito rispedirò a V.M. l'aviso fondato, e con palpabile sicurezza della riuscita.
Intanto ne spedisco per preambolo questo raguaglio, assicurando la M.V. che l'Opera è facile a farsi, e non ci entrano veleni di sorta alcuna, e neppure robbe difficili a trovarsi.
V.M. ci rifletta, perche è negozio importantissimo e si degni credere, che se io volessi trovare 50  Grandi, che ci applicarebbero , ad ogni spesa, ma voglio che V.M. sia sola ad averlo.
Sarà intanto neccessarissimo che V.M subito ora riceverà la sicurezza dalle mie susseguenti lettere pensi a deputare persona, che per ord.e confidenziale della M. V. tratti meco di qto affe, se non si vole valere o del Co: Valdstein, o del Co: d'Harrach potrebbe adoperare il  Cuollanza. Tutti e tre sono a proposito.
Si degni darmi un cenno della ricevuta di qta lett.a e della sua clementissima intenzione per mio Governo, non essendo questo un maneggio da passare per Cancelleria.
L'Amico sarà pronto a confidare l'Arcano a qualunque persona la M.V. (…) per comandargli; giache Egli diffidente d'ogni Grande ha tanto concetto della Pietà e Bontà della M.V. che non teme niente nel confidarle il Tutto…"
 Il Conte Carlo Ferdinando Waldestein, citato nella lettera, fu Cameriere di Sua Maestà Cesarea, Consigliere aulico imperiale e Cavallerizzo maggiore dell'augustissima imperatrice Eleonora. Nel 1661 svolse delicate missioni diplomatiche, incaricato da Leopoldo I, volte ad assicurare all'impero l'appoggio e gli aiuti degli Elettori di Baviera, del Palatino e del Duca di Wirtemberg contro un' eventuale minacciata aggressione turca in Ungheria. Ebbe forse parte nelle trattative per un possibile matrimonio del vedovo Re di Polonia con l'imperatrice Eleonora, vedova di Ferdinando III. In seguito, tra la fine del 1669 e i primi mesi del 1671, ebbe rapporti di stretta collaborazione diplomatica con l'abate Federici in vista del matrimonio (ostacolato da parte francese) tra il Duca di Mantova, Ferdinando Carlo Gonzaga, ed Anna Isabella, figlia del Duca di Guastalla Ferdinando III Gonzaga. [13]
Il Waldestein fu prescelto come mediatore dell'affare poiché torna ad essere nominato nelle due lettere successive che qui riportiamo:
 Lettera del 22 luglio 1679

"… ora che sento dal Cav.e di Waldstein volere la M.V. che per di Lui mezzo cominci l'affare (al quale però non scuopro cosa alcuna, finché V.M. non me l'ordina) ripiglio il filo, e aggiungo aveva edificato in una camera più segreta della casa i necessari Fornelli per la esperienza, che à da manipolare il Filosofo  ma perche non voglia promettere alla M.V. una cosa ambita hò stimato necessario, dopo che savrà seguite le prove e riuscite vere per mano dell'Amico, il farne io stesso la sperienza separato totalmente da Lui, e dalla sua assistenza, accioché rimanga in me la chiarezza indubitabile della verità, realtà e utilità dell'Opera remota da ogni possibile inganno. Intanto i Fornelli, sono bene stagionati: e si è dato principio al lavoro, quale riesce fino ad ora benissimo; ma il fine è quello che loda il Maestro. Le probabilità della buona riuscita sono tante che bisognerebbe farsi pazzo da catena a non crederlo; tuttavia in negozio si grave è virtù l'essere incredulo.
Protesta l'Amico volere che io mi  chiarisca con uno, due, e tre sperimenti della realtà sicurissima della Trasmutazione, ma però non volermi insegnare tutto l'arcano, che vuole rivelare solamente alla M.V., e in qto à ragione; ne io pretendo più oltre; purche la chiave del segreto non contenga inganno, come son sicuro delle circostanze, che non dovrà contenerlo.
Intanto sebene ho detto, che il segreto renderà di utile un millione all'anno. V.M. creda pure il doppio, e molto anche di più; non essendo la sua facoltà limitata; ma può distendersi, secondo la podestà di chi la possiede, o secondo la quantità degli Operatori che vi si applicheranno, essendo facilissimo a manipolarsi l'Arcano, che si può sempre trarre occulto dal possessore. Tutto stà che riesca come io debbo ragionevolmente credere. Nel resto V.M. avrà poi un Tesoro in sua Mano maggiore di un Regno; degno che Dio benedetto lo conceda alla Sua gran Pietà, che non potrà usarlo, se non a maggior Gloria di Dio, e della Fede; circostanza appunto che anno colla mia voce, e penna espugnato l'animo dell'Amico a voler portarsi a piedi della M.V. alla quale anderò successivamente insinuando le notizie; et a cui profondissimam.e mi inchino.  

Lettera del 26 agosto 1679

"Finalmente hò veduto e toccato con mano indubitabile, vera, e reale la trasmutazione del mercurio in finissimo argento di Copella. L'Opra da principio vole due mesi, essendo una miniera di Argento che converte il Mercurio in finissimo Argento, sempre moltiplicabile senza termine limitato, e può farne ogni quantità a misura delle forze e talento del Possessore.
V.M. comandi essendo pronto l'amico portarsi a suoi piedi li vuole casa comoda e grande, molti Fornelli ed altri istrumenti. Prima di partire di quà (…) di non stare ozioso costà brama, udire fabricati i Fornelli, e aprontate le occorrenze V.M. comandi al Co: di Waldstein d'intendersi meco; che io gli manderò le misure e il disegno de Fornelli, e delle cose da prepararsi; che ricercano tempo.
Nel Mese di Ottobre l'amico potrà istradarsi ma importando molto la sicurezza della sua salute, bisognerà vedere il termine che prendono cotesti influssi, e mandarlo a levare con una lettiga, e molto ben custodirlo per il viaggio.
Io non vorrei di nuovo ripassare le montagne alla mia panza pesante; tuttavia vedendo che senza la mia direzione questo negozio stenterà a prendere la piega buona; in servigio della M.V. tutto farò quello Ella si degnerà comandarmi; E con attendere subito gli ordini della M.V. le faccio profondissima riverenza".  

E' grande l'entusiasmo del Federici, che addirittura assicura di aver trasmutato il mercurio in argento e si dichiara prontissimo a ripetere l'esperienza. Curiosa per altro la sua disponibilità a fornire dettagliate spiegazioni e misure al Waldestein, rimanendo in Venezia, pur di non affrontare il faticoso viaggio verso Vienna. Si intende che la trasmutazione è una operazione alchemica che comporta la trasformazione di un vile metallo in argento o in oro.
  Nella XII lettera del 22 settembre 1679 il Waldestein, da Praga, autorizza l'Abate Federici, a nome dell'imperatore, a procedere nell'operazione, specificando tutto il materiale necessario e l'esatto ammontare della cifra occorrente.
In alcune lettere successive si parla poi del tentativo di trasmutare il mercurio in oro, operazione non riuscita o comunque non conveniente economicamente.
   Nel frattempo, a partire dal 1680 il Federici fu sollevato dall'incarico di Consigliere dell'imperatore, fece quindi domanda di trasferirsi a Fano presso l'Oratorio dei Padri Filippini, ma continuò a mantenere degli stretti legami con Venezia, città da cui gli pervenne una fitta corrispondenza relativa ancora ad esperienze alchemiche.
Nel 1681 si stabilì definitivamente nella casa dei Padri Filippini, divenne sacerdote ed entrò nelle grazie del vescovo di Fano, Angelo Ranuzzi. Tra i due nacque una solida amicizia e quando il Ranuzzi dovette recarsi a Parigi alla corte di Luigi XIV come nunzio straordinario, nominò il Federici "soprastante al governo spirituale della Chiesa di Fano".
Come si evince dagli stralci delle lettere seguenti, il ruolo del Ranuzzi nella pratica dell'alchimia non fu cosa da poco, appare anzi un ricercatore più esperto dello stesso Federici, quasi a sovrintendere l'opera degli adepti. Il fatto che un vescovo fosse così dedito alla Sacra Arte dimostra che non tutta la Chiesa  si dimostrasse avversa alle sperimentazioni, a maggior ragione quando esse fossero dirette a trovare oro o argento, con beneficio economico dell'intera comunità ecclesiale.
Ci sentiamo di sostenere che, almeno fino dai  primi anni del Cinquecento, a Fano si fosse creato un centro ben organizzato di interessi fortemente esoterici, con collegamenti al misticismo ebraico, alla cabbala e all'alchimia. Un'osservazione interessante a questo proposito è stata avanzata dal saggista Alessandro Nangeroni, che sostiene la diffusione della dottrina del cabbalista Luria dopo l'espulsione degli Ebrei dalla Spagna. Riportiamo testualmente: " Gl' insegnamenti di questo grande maestro si diffusero anche al di fuori dei circoli di Safed; dalla Galilea le sue idee raggiunsero la Turchia, la Polonia ed anche parecchie città italiane: a Fano, Modena e Padova si concentrarono piccoli gruppi di suoi discepoli, ma con una grande autorità morale."[14]
Non estranea ad interessi esoterici fu l'Accademia degli Scomposti, della quale, oltre al Federici, fece parte il pesarese Francesco Maria Santinelli, uno dei più importanti alchimisti del Seicento.[15]
Era costume per alcuni alchimisti tenere segreta la loro attività, che veniva esplicitata solo attraverso la lettura di sonetti allusivi e simbolici in pubblici incontri, ma che prevedeva invece un'intensa ricerca riservata all'interno delle Accademie.
Al di là delle nostre intuizioni avanzate nelle pubblicazioni precedenti in merito all'Accademia degli Scomposti,[16] autorevoli studiosi quindi avvalorano l'ipotesi di intensi interessi ermetici nella Fano del Seicento, non ancora sufficientemente esplorati. 
Gli scambi di informazioni e di scoperte tra i membri delle accademie erano frequenti, poiché la finalità delle ricerche pratiche e filosofiche appassionava gli studiosi del tempo. Il fatto di essere vescovo non intralciò in alcun modo, ma forse favorì la libertà di ricerca alchemica del Ranuzzi, né del suo vicario Federici e le lettere seguenti lo attestano
Nella lettera XIV del 15 dicembre 1681 un anonimo comunica a Mons. Ranuzzi, vescovo di Fano, le modificazioni da apportare al forno per ottenere una tintura prodigiosa, scrivendo come a persona pratica d'alchimia.
"Vi mando il modello del Fornello, che il serre Tomaso lo potrebbe copiare; questo forno sarebbe buono per cuocere con grado di sopressione  una miniera in scattole di vetro; che viene mandarci; ma non se ne può spettarcenee più  di quattro per forno, che conteranno circa  7 in 8 Marche (ogni marca pesa 8 once) per vaso. Facendo più grande il forno, dubito non riesca, perche il fuoco vol essere sempre di un grado, se non al fine dell'operazione se ne pone di sotto: del resto bisogna considerare, che per una honcia non sarà cosa a  proposito di metter in pratica che sono libbre d'argento solamente emprirà troppi forni; e subito si troverà delle difficoltà dopo che si avrà insegnato il segreto…".  
A margine della lettera due note, probabilmente vergate dallo stesso trascrittore dell'epistolario, ipotizzano il riconoscimento dell'autore della missiva: nella prima "l'anonimo si crede sia l'Abate Federici", ma nella seconda "l'anonimo è il Sig. Conte Giuseppe di Chapelsbergh". Ipotesi più probabile, in quanto le lettere provengono tutte da Venezia, mentre il Federici in quegli anni risiedeva a Fano, tanto più che lo stesso anonimo scrive la XV lettera il 24 gennaio 1682 da Venezia proprio al Federici, magnificando le virtù del Mercurio Filosofico, in grado di scacciare ogni grande infermità si di morbo Gallico, come  Gotta ed ogni altro male stimato da Medici  incurabile.
  Anche le lettere successive dell'anonimo, indirizzate all'Abate, sono ricche di notizie su esperimenti più o meno riusciti per la trasmutazione del mercurio, espresse con tono passionale per le difficoltà incontrate, quasi a chiedere comprensione da persona altrettanto votata in materia alchemica, come dalla XIX lettera del 19 dicembre 1682, da Venezia:  

"Io non mi sono mai impegnato con niuni a fondo se non di far vedere la verità dell'Arcano mio, che resta fissato l'Argento vivo; voi vi ricorderete in Praga che dalla mia bocca sempre hò detto che io non voglio essere sottoposto a nulla, se non di far vedere la realtà dell'Arcano…. Se non hanno fede in noi, perché devo averla in loro dopo avermi così maltrattato per il  passato….  
Voi avrete che aumento di quantità di (mercurio?)…  
Seguono diciassette lettere, dalla XX alla XXXVI, tutte indirizzate dall'anonimo a Mons. Ranuzzi, vescovo di Fano dal  1678 al 1688. L'interesse di tali lettere è davvero grande poiché lo scrivente, quasi sicuramente il Chapelsbergh o Cappelberg, tratta di alchimia in maniera molto specifica e dettagliata con un uomo di chiesa dalla posizione ancor più notevole di quella del Federici.
XX lettera del 6 febbraio 1680:
Hò fatto l'esperienza sopra l'Argento;  ma non à fatto bene il saggio la Zecca, perché la Tintura non è riuscita come deve stante che ancora sfuma da poco; ma spero presto vederla fissa al fuoco; se manipolerete l'Arcano conforme vi ò raguagliato, vi troverete bene e non ancora da fare da porvi più materia nuova; ma quella che avete, componi in due parti una sola di limature(…) fino ogni cosa è ben mescolata, con mettere 25 marchi nella storta, a ben muovere acciò la materia si dilati; finché quando si mette molta robba non riesca bene; ma così verrà tutta arida dandole il fuoco nel modo che à veduto il Sig.re Abb.e Federici; e farete il conto che non vi anderà più di spesa che il per cento; Cosa tanto vale  in qta materia. Poi si amalgama con tre once di    per ogni libra. E cosa importa mai agli (…) giorni dalli una buona aggiunta di materia vergine si costa così poco. Quanto più presto si ridurrà alla perfezione; e così si va lavando dopo averlo cotto 3, o 4 volte; separando poi il Cotto e fare come sopra. E di quel fondo formare materia vergine e così la miniera sarà eterna, e l'utile sarà molto maggiore del 20 per cento.  
Quando il nostro Amico partì per Vienna, Rustica  mi suggerì nel Capo a lasciarla a fuoco lungo tempo con la sola giunta del mercurio in si tenue quantità; che certo avria  fatto miracolo: Ma non è vero perche la materia si assomiglia tanto che si stenda volatile. Ed il Rustica non sa niente di quello che vi partecipo.
Se Lei Monsignore, voleva seguitare la manipolazione, si può insegnarle, che prenda quella materia vergine, dove à posto il in digestione, e che a fuoco violento glelo faccia vaporare che così restarà la materia arida : e questa ben pistata fina, che di questa vada nutrendo la materia che vuole moltiplicare. Ma il maggior fondamento si è  di assicurarlo, che la (…) materia di tutto punto non costa più di 2 per %. Ponderate bene questa lettera, e poi gettatela alle fiamme subito, perché contiene qualche cosa di buono per la mostra Pratica.  

Oltre a trattare il Ranuzzi come un esperto manipolatore di metalli, l'anonimo affronta spesso argomenti di tipo economico, chiedendo soldi sia per iniziare sia per completare opere alchemiche.
Che l'anonimo mittente possa essere il Cappelberg si può dedurre dal tono, dai temi e dai personaggi nominati nelle lettere, in tutto simili a quelle di un altro epistolario[17], inviato all'Abate Federici a Fano, proprio dal Cappelberg.
  Nella XXIII lettera del 30 giugno 1683 si nomina l'Arcivescovo di Praga, quel conte d' Harrach la cui mediazione presso Leopoldo I era stata  invocata da Federici:
L'Arcivescovo di Praga lavora gagliardamente nell'Arcano datogli…  

Numerosi sono i brani che si potrebbero riportare per dimostrare la pratica d'alchimia del Ranuzzi, ne facciamo una selezione, per brevità.
 XXVI lettera del 15 settembre 1683:
Quando Iddio faccia stabilire l'Arcano che si và facendo, stabilito con tutta la segretezza possibile mandare a Vienna perché in 20 giorni incirca si fa il fornello materia e cottura perfetta; se così sarà, che la ragione mi convince per avere io preparato l'Argento,  o dato effettivamente l'aumento debito. Di  questa mia riputazione passo però d'accordo con l'Amico avendo fatta riflesione, che per mia riputazione bisogna  risarcisca l'accidente successomi in Vienna; non curandomi d'intraprendere negozio con questo Publico.
Il Marchetti  scrive che  nel venturo ord.o il Co: d'Arrach si risolverà per quello che brama; ed in caso si debba far conoscere qui l'esperienza, procurava far cadere questa confidenza nel Sig.re Paolo Pozzi (Pazzi?) E qui Resto….  
 XXVII dell'8 ottobre 1683:  

"Ricevo le Vostre grazie di Ducati 100 che ve ne ho dato credito; ma il mio urgente bisogno era almeno di Ducati 200 con la premura dell'arrivo dell'Arg. Vivo, che avrò l'incontro di farne esito subito; onde vi prego farlo spedire con sollecitudine. Lunedì abbiamo stabilito col Sig.re Pozzi (Pazzi?) di fare la Copella Confido molto sopra l'Abb.te Marchetti…"
  
 XXVIII del 13 ottobre del 1683:
"…Bisogna avere pazienza, che il Cinabro o sia amalgama di moltiplicazione bisogna (…) smorzarlo in certo liquore mordace, acciò levi la forza al ...  e Solfore. E qui Resto…


XXX del 3 novembre 1683:...che per il 20 del corrente si farà la Coppella di tutta la massa tirando in Arg. con aumento anche d'ro senz'alcun metallo perfetto, ma con la sola limatura di Rame. Che ne direte della mostra del Cinabro che vi mando, che gettandolo in terra non si frange! Qto si forma con certo artificio e poi si smorza in certo liquore; che tutto l'Arcano stà qua, ammazzando il solfore che il ...  non si solleva più con facilità. Vi manderò anche una mostra del Cinabro fissato con la limatura di Rame, senza punto di Rosso; ma rischiarandolo mostra piombo; e questo si fa in 16 giorni, ma io voglio lasciarlo 20 se potessi cavare più oro, che ne à dati cavati 9 per Marca: Il segreto riesce tre volte più grande che farlo all'Arg. E qui resto…"


XXXIII del 22 novembre 1683:
"In Vaso di 6 Marche se ne prese una, et in altri due vasi di 8 Marchi l'uno, se ne presero mezza Marca per ciascheduno e cosi fecero due copelle di due Marche; ma una Marca alla volta per confrontare bene il negozio: e dopo stata al fuoco, tennevano in medesimo ordne; e queste speranze stavano tutte di resina d'Argento. La materia fu fatta con limatura d'Argento in storta, e si cava di colore piombino, che rendeva in capella al pari di quella che si fà in tocchi… Il modo certo mi piace particolarmente di lasciare li vasi al fuoco con quell'ordine: il    mi pareva troppo; ma spero stia bene perché può fissare quelle particelle più omogenee. In somma non bisogna preterire punto alla Ricetta, che ò mandato e tenere con diligenza a parte la luce, che restà nel fare la medicina, e dopo che sarà stata al fuoco la materia farla passare per storta; e così in tocco quella che resta nel fondo con la calce, che restò ponere in Copella:  Osservate però che l'Argento, che si pone per fare la medicina sia d'Arg.to copella con il saggio (…)  
Mi ricordo che appunto egli mi riferì di certa robba, che voi avevate; la quale era quasi rossa  e che si levava ogni mese; e che voi dicevate non è fatta; forniamola al fuoco e che in più mesi la riducesti all'acrescimo: di copella , e chi si vederà qto evidentemente (…)
 Insegnerò a suo tempo il modo facile per  limar l'Argento sopra il Fornello  da che un grande respiro; perchè tutto coperto potrebbe fondere la storta (…)



Dalla XXXV del 2 settembre 1684:
"(…) molto capriccioso empiva la miniera in Rame e più non poteva congielarlo: ed ancor Voi mi ricordo che ne mettevate una buona parte senza niente aspettare che la matteria fosse anche diventata ben nera. Io poi non so capire questa vostra speculazione che mi supplicate più volte cioè che in ceneraccio vola il ... come è successo a Monsignore, non ostante che l'abbia fatto passare per storta, bisogna dunque che anche nella storta gli abbia date un fuoco per far passare lo spirito di vino: che ogni volta, che in fondo della storta resta materia fusa, non so mai, come al ceneraccio possa volare il...
Fin qui l'anonimo al vescovo Ranuzzi.
La XXXVII lettera, inviata dall'anonimo al Federici chiude l'epistolario denominato "Segreto Federiciano".
  Non è qui possibile riportare per esteso tutte le lettere. Riteniamo tuttavia che potrebbero essere oggetto di una pubblicazione, comprendente anche la corrispondenza del Chapelsbergh di cui alla nota 13, tanti sono i riferimenti a curiose metodiche sperimentali dell'epoca e le citazioni di personaggi storici, chiamati sia col proprio nome sia con pseudonimi.
 Le lettere rimangono una testimonianza chiarissima dell'attenzione per l'alchimia di Fanesi illustri, della considerazione di cui godeva tale scienza all'epoca del Federici e dell'insistenza con cui veniva praticata da uomini di cultura di tutta Europa.

Abate Federici




[12] Robert J.W.Evans, Felix Austria - l'ascesa della monarchia asburgica 1550-1700, ed. il Mulino, 1981.
[13]  F.M. Cecchini, op.cit., pp. 82-90.
[14] A.Nangeroni, La Cabbala - L'Ebraismo Esoterico, Xenia Edizioni,Milano, 1998,p.109.
[15] F.M.Santinelli, Sonetti Alchemici ed altri scritti inediti, a cura di: A.M. Partini, Edizioni Mediterranee, Roma, 1985, p.21.
[16] M.Agostini - R.Zengarini, San Martino di Saltara -  intorno alla cripta, Grapho5, Fano, 1994.
[17] Bibl. Fed. Mss., Sez. I, 45/9-16.




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